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Tra i pazienti, il rapporto femmine/maschi è di 9 a 1: è nei cromosomi sessuali che si troverebbe il motivo di questa predominanza

Milano – Lo studio condotto da un team internazionale di ricercatori segna un importante passo in avanti verso la comprensione delle cause della colangite biliare primitiva (CBP). Il lavoro è stato coordinato dagli esperti dell’Università di Milano-Bicocca e del Centro Malattie Autoimmuni del Fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza, da anni impegnati a studiare questa malattia, e... Clicca qui per leggere l’articolo completo su OMAR

 

In data 8 aprile 2021 dalle ore 11,00 alle ore 13,00 potrete seguire il webinar, dedicato alle malattie autoimmuni del fegato. Il webinar, organizzato da Motore Sanità, con il patrocinio di Amaf Monza Onlus, vedrà anche la partecipazione del Presidente di Amaf Davide Salvioni.

  

Perchè un webinar dedicato a "FOCUS FEGATO E AUTOIMMUNITÁ"

Le malattie epatiche autoimmuni insorgono quando il sistema immunitario, per ragioni ancora poco conosciute, aggredisce il fegato con una reazione anomala che provoca un'infiammazione cronica e progressiva. In assenza di presa in carico e adeguato trattamento, questa condizione porta a cirrosi e insufficienza epatica. Se ne distinguono almeno 4 forme, più o meno rare: l’epatite autoimmune, la colangite biliare primitiva, la colangite sclerosante primitiva e la colangite IgG4-positiva.

Queste situazioni patologiche sono di complessa gestione poiché spesso si associano ad altre patologie autoimmuni, come l'artrite reumatoide, la sclerosi sistemica, la sindrome di Sjögren, la sindrome CREST (calcinosi della cute, fenomeno di Raynaud, disturbi della motilità esofagea, sclerodattilia, telangiectasia) la tiroidite autoimmune e l'acidosi tubulare renale. Nei pazienti asintomatici, una buona parte di queste patologie viene diagnosticata incidentalmente quando i test di funzionalità epatica risultano alterati.

In termini di incidenza tra le forme più o meno rare di queste patologie, la colangite biliare primitiva è delle più diffuse. Si tratta di una malattia cronica caratterizzata dalla progressiva distruzione dei dotti biliari intraepatici che colpisce maggiormente le donne di media età, tra i 40 e i 60 anni (ma può svilupparsi tra i 35-70) interessando più membri all'interno della stessa famiglia. Alla prima osservazione può essere anch’essa asintomatica, evidenziando solamente astenia o sintomi di colestasi, ma se in fase avanzata di cirrosi può presentare già ipertensione portale, ascite, encefalopatia epatica. Una volta sviluppati i sintomi, l'aspettativa media di vita è di 10 anni.

Per tutti questi motivi l’organizzazione di percorsi dedicati alle malattie epatiche autoimmuni è fondamentale per poter avere una rapida diagnosi ed una efficace presa in carico dei pazienti. Infatti in queste patologie è fondamentale evitare la progressione di malattia e le sue complicanze severe (fino alla cirrosi). Motore Sanità intende coinvolgere Regione Lombardia, ricca di eccellenze scientifiche in questo ambito, per discutere eventuali nuovi modelli organizzativi per la gestione di questa complessa malattia.

 Il webinar, vedrà a confronto le istituzioni sanitarie lombarde, i clinici del territorio e le associazioni che maggiormente rappresentano le malattie autoimmuni del fegato, per fare il punto della situazione e valutare le diverse problematiche che si presentano, a livello della regione Lombardia, a partire dal momento della presa in carico del paziente MAF.

 

⇒ Programma

 

 

Una ricerca condotta dal Centro delle Malattie Autoimmuni del Fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza e dai Dipartimenti di Medicina e di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca ha escluso una relazione diretta con la patologia del fegato, individuando in altri fattori una possibile causa di stanchezza e affaticabilità.

Monza, 7 gennaio 2021 

La colangite biliare primitiva (CBP) è una malattia rara del fegato che però colpisce più di 10.000 persone in Italia, soprattutto donne oltre i 40 anni di età. Da più di 30 anni studiosi del nord Europa sostengono che pazienti affetti da CBP soffrono molto di stanchezza ed affaticabilità (“fatigue” in lingua inglese), un sintomo che non trovava riscontro nell’esperienza clinica di altri medici e studiosi che operano in altre parti nel mondo. A rendere ancora più complesso il quadro e la comprensione del problema ha contribuito per lungo tempo la mancanza di strumenti adeguati per valutare la “stanchezza ed affaticabilità”. Una scarsa chiarezza che ha creato e crea molti problemi ai pazienti ed ai loro medici curanti.

Ricercatori del Centro delle Malattie Autoimmuni del Fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza e dei Dipartimenti di Medicina e di Psicologia dell’Universita’ di Milano-Bicocca, hanno prima contribuito a sviluppare un questionario (chiamato PBC-27 perché composto da 27 domande) capace di valutare l’impatto della PBC sulla qualità della vita e di rilevare la presenza e la rilevanza di sintomi soggettivi come la stanchezza. 

Questionari per valutare la qualità della vita e sintomi come la stanchezza stanno diventando strumenti sempre più importanti ed utilizzati in medicina, per poter operare confronti tra i pazienti, e valutare l’andamento dei singoli in una concezione di salute che mette al centro il benessere complessivo della persona, che noi chiamiamo qualità della vita” spiega Lorenzo Montali, Professore in Psicologia sociale dell’Università di Milano Bicocca e primo autore dello studio.

Lo stesso gruppo di ricerca ha poi recentemente concluso un ampio studio multicentrico internazionale che ha coinvolto centinaia di pazienti Italiani, Giapponesi, Spagnoli, e Britannici, e che ha permesso di capire che la stanchezza era presente solo/soprattutto in pazienti Britannici e non in quelli che vivono in Spagna, Italia, e Giappone.

E’ stata vincente l’idea di confrontare la qualità della vita e la frequenza di stanchezza ed affaticabilità in popolazioni molto distanti e diverse tra loro da tanti punti di vista, pensiamo solo alle differenze genetiche ma anche culturali tra noi europei e la popolazione giapponese” spiega Pietro Invernizzi, Professore in Gastroenterologia dell’Università di Milano-Bicocca. “Questo studio ci ha permesso in primis di escludere che la stanchezza fosse un sintomo necessariamente presente in tutti i malati affetti da CBP, ma anche di speculare su quali possano essere i fattori scatenanti in quei pazienti che ne soffrono. L’avere osservato ad esempio che ne soffrono soprattutto i pazienti che vivono a latitudini più settentrionali come la Gran Bretagna, fa pensare che l’esposizione al sole e quindi i livelli nel sangue di vitamina D possa avere un ruolo”. 

Ci spiace per i pazienti con CBP che vivono in altre parti del mondo, ma per noi pazienti italiani questo studio è molto tranquillizzante.” commenta Davide Salvioni, Presidente di AMAF Onlus, l'associazione italiana di pazienti dedicata alle malattie autoimmuni del fegato. “Da ora penseremo ad altri motivi e non più solo alla nostra malattia di fegato quando ci sentiremo stanchi. Può sembrare poco, ma vi assicuro che per i pazienti affetti da CBP è molto, molto importante.”